sabato 30 giugno 2018

Non mi ero sbagliato!

La vita è proprio strana: ti porta al settimo cielo, ti fa vedere quanto sia bello essere giovane, forte, in perfetta forma fisica e invincibile. Mentre ti mette a disposizione tutto questo, fa passare inesorabilmente i minuti, le ore, gli anni e non ti avverte questa stronza!
Fa passare il tempo mentre tu continui a lodarti di quanto stai facendo. Poi arriva il tempo in cui rallenti, tiri il fiato, ti dici che dopo tutta questa fatica è giusto anche riposarsi. Non troppo, solo un pò e poi riparto. E mentre ti racconti tutto questo il tempo accelera, i capelli diradano, nascono figli, si rompono rapporti, aumentano i chili e la pancia. E quando te ne accorgi è tardi, la frittata è fatta! Entri in un loop diabolico nel quale sai benissimo cosa devi fare per rimetterti sulla buona via, ma rimandi: domani, lunedì, il prossimo mese e così passano gli anni. Sai che per buttare giù la pancia dovresti riprendere la tua bici ormai arrugginita in cantina, ma siccome hai la pancia non puoi riprendere la tua bici ormai arrugginita in cantina! E gli anni continuano a passare.

Poi, improvvisamente, arriva un giorno che qualcosa si rompe nel meccanismo della vita, questa stronza si distrae un attimo e tu riesci a tenere gli occhi aperti nel preciso momento in cui ti sfreccia davanti un gruppetto di ciclisti vestiti di scuro, con una banda celeste orizzontale all’altezza del petto. Sul campo celeste c’è la scritta “Campi” in nero. E succede qualcosa. Qualcuno la chiama curiosità, altri “l’ennesimo treno che gli parte”. Sinceramente non so definirla ma credo sia qualcosa che somiglia molto al destino. Approfitto della distrazione della “stronza” e faccio un numero telefonico che trovo su internet, mi risponde una persona genuina, di quelle che in tre minuti ti fanno sentire ”uno di noi”. Alle mie timide richieste risponde puntuale, preciso, senza mezze parole e quando provo ad incalzare mi stende con meravigliosa maestria. Riattacco e la curiosità di andare a vedere di cosa si tratta è grande ma, anche stavolta, la vita mi riabbraccia e mi rintano, nuovamente, nel mio non far niente!
Passeranno diversi mesi ancora poi, una mattina, arriva un messaggio sul cellulare: è la persona che qualche mese prima mi aveva incuriosito e che mi chiede se sabato voglio andare con il gruppo a fare il Giro del Tortello. Non ricordo cosa ho risposto, probabilmente ho preso tempo indugiando ma, il sabato alle 7.20, mi presento all’appuntamento. Finalmente quella voce assume un volto, un volto che mi viene incontro salutandomi e dandomi un benvenuto bello, fraterno e sincero. Stringo la mano presentandomi a Mauro Baruffi, lui fa lo stesso e, in quella stretta di mano, c’è un riconoscimento speciale, un’accoglienza, un “benvenuto in famiglia”.
Piano piano arrivano in tanti, scopro che oltre alla striscia celeste ci sono mute con la striscia rosa indossate da cicliste spettacolari, rese spettacolari perché indossate da spettacolari cicliste! Mauro mi presenta e in cinque minuti mi sento a casa. Impacciato, goffo, l’unico vestito tutto di nero: il brutto anatroccolo. La mia improbabile pancia costretta in un’altrettanta improbabile maglietta che non fa altro che sottolineare quanto sia stato pigro negli ultimi 15 anni. Mi viene dispensato qualche consiglio ed arriva il momento di partire. Sono gasato a mille, penso che finalmente ho trovato la scarpa giusta per ripartire. Ma è uno stato d’animo che dura poco. Arriviamo all’attacco del Piazzale Michelangelo e, dopo poche decine di metri, mi si materializza davanti Satana. Zitto, non dice niente, è lì accanto a me con un sorrisino a presa di
culo. Dentro di me mi dico che lo posso battere, “metto un rapporto più agile e vedrai che riesco a stare con il gruppo”. Passano altre poche decine di metri e Satana ride, ride a crepapelle; il cuore batte già a 287, la soglia anaerobica è diventata un concetto astratto, quasi metafisico. Sudo come un beduino nel deserto del Sahara e i muscoli delle gambe sono ormai un ricordo talmente lontano che solo l’acido lattico gli rende giustizia.
Quando penso di essere già finito, una voce da dietro mi suggerisce di rallentare, di andare del mio passo, tranquillo, che tanto non c’è da vincere nessuna Cima Coppi. Il mitico Santini! Come un angelo custode mi seguirà per tutta la mattina e appena quella maledetta strada accenna ad un lieve impennamento arriva da dietro con una mano che spinge, aiuta, con la voce che incoraggia a rientrare. Mauro, con la sua ammiraglia, non fa mancare mai un urlo di incitamento, con una presenza costante che, ingenuamente, mi fa sentire quasi importante. Non finisco il giro perché il pensiero di dover affrontare la salita del Cornocchio mi fa venire i crampi alle gambe ben prima dello strappo. Salgo nell’ammiraglia e vivo il resto della mattinata da un altro punto di vista. Mauro mi racconta un sacco di cose e lo fa con il modo degli amici. Quando ci fermiamo per un ristoro le pacche degli altri mi fanno sentire accettato e le prese per il culo che mi arrivano non fanno altro che sottolineare l’appartenenza. Scendo dall’ammiraglia dopo aver domato il Cornocchio comodamente seduto sul furgone, scendo le Croci euforico e consapevole di essere in condizioni fisiche indecenti tanto da pensare che anche mia nonna di 97 anni si sarebbe messa a ridere se fosse stata lì. Nonostante tutto arrivo a casa e racconto la giornata con un sorriso stampato in faccia come il bambino di “C’era una volta in America” davanti a quella meravigliosa pasta con la panna.
E ora?
E ora siamo ripartiti. Finalmente!
Porto la bici a sistemare da un meccanico che più che un meccanico mi sembra il Messia e il sabato successivo mi accodo al gruppo: direzione Bibbona!
120 Km... Rido: neanche in macchina li faccio. Mi racconto che arrivo ad Empoli, saluto e torno a casa.
Ma non è possibile: è un gruppo contagioso ed è bellissimo starci dentro! La condizione fisica è quella della settimana prima ma forse la consapevolezza è diversa. Arrivo a Pontedera saluto il gruppone che continua e torno indietro con due angeli custodi pazzeschi. Scendo dalla bici dopo sette ore, più di 120 Km sulle gambe e il solito sorriso da testa di cazzo del sabato precedente. Ok ci sono ……. e la vita è bella!
GRAZIE A TUTTI VOI


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