Non amo i social in generale. Non amo la loro assoluta fluidità, senza vincoli, senza freni. Tutti hanno licenza di sparare a zero. Su tutto. Su tutti.
Non li amo perchè mi hanno fatto cedere al loro richiamo. Odio fare una cosa che odio fare... e farla!
Ogni tanto arriva quello sprazzo di luce che non ti fa andare via. Ti trattiene. Ti dai un'altra possibilità. Quando dopo 45 anni incroci occhi che hanno con te condiviso un pezzetto di strada e riesci a vedere quello sprazzo di luce, quella possibilità di restare.
Erano gli anni della spensieratezza, tutto era leggero e qualsiasi cosa succedesse era la cosa migliore che potesse succedere. Avevamo poco e quel poco era prossimo al niente. Un niente che ci obbligava ad inventare.
Un'accontentarsi prezioso che trasformava un cerchio di ferro e un bastone in una giornata indimenticabile.
Un piccolo affioramento di un orizzonte solforoso ci portava in una avventura epica. Quei piccoli pezzetti fumanti che per prenderli chiamavano alla scalata della collina dietro casa, erano per noi un mistero oltre che un gioco. Bastavano poche gocce di acqua e rimanevamo minuti interi a guardare come la chimica ci stesse insegnando. I maestri che ci piacevano, quelli della strada.
Oppure lo slittino, fedele compagno dei mesi rigidamente invernali. Quelle discese disgraziate lungo i marciapiedi che più di una volta ci hanno fatto correre all'ospedale! Ma che bellezza ricordarle. Di una di loro porto ancora i segni sotto al labbro superiore. Una firma. Un autografo, prezioso.
Andavamo a scuola tutti vestiti uguali, completino grigio scuro con il fazzoletto rosso del glorioso Partito Comunista Rumeno. La mattina fuori dal portone della scuola, aspettando la campanella, sembravamo gli attori di Squid Game proiettato negli anni 70. Il carnet de alev, che custodisco gelosamente, mi suggerisce che tutto sommato non mi dispiaceva quella scuola così diversa da quella che avevo conosciuto in Italia.
A dir la verità non mi dispiaceva proprio niente di tutto quello che avevo intorno.
Sono stati anni bellissimi vissuti accanto a persone genuine, arricchite da una povertà sana, pulita, gentile. Amici che mi sono rimasti nel cuore, in quello spazio profondo dove neanchè il tempo riesce più ad arrivare. Sono incancellabili.
Molti di loro non ci sono più. Sono passati da una rivoluzione che li ha massacrati e resi liberi. L'hanno sognata fortemente quella libertà e lo hanno fatto morendo, combattendo, vincendo.
Non so più dove siate ma riesco a vedervi. Nitidi.
Vedo Orazio con le sue scarpe rosse bucate sopra i pollicioni scendere a grandi falcate dalla collinetta con in mano un pezzetto di zolfo.
Gelu con i suoi tappini schiacciati, imbattibile a giocare a muretto. Mi sono sempre chiesto come faceva ad appiattirli in quel modo, lisci e bilanciati. Ma forse non erano ne bilanciti ne tanto meno lisci. Erano solo bellissimi.
Eravamo, solo, bellissimi.
E tu Laura, maschiaccio tra i maschi. Ci siamo presi per mano in anni indimenticabili e abbiamo visto e fatto cose che, forse, oggi farebbero sorridere se raccontate ai miei figli.
Ogni tanto capita qualche foto di allora e mentre le guardano osservo quegli occhi. Divertiti ma lontani. E allora i pensieri me li tengo stretti. Per dargli valore. Perchè fanno sorridere anche me ma gli occhi diventano lucidi e questa cosa mi piace da morire.