lunedì 24 settembre 2018

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E così siamo arrivati alla prima Gran Fondo. Ok, chiariamoci subito con i supercompetitivi, con coloro che a colazione inzuppano nel caffelatte watt, 52x11 e soglie anaerobiche. So perfettamente che per voi quella di domenica è stata poco più di una passeggiata e quindi le mie parole potranno sembrare un'esaltazione alla follia. Ma questo è il bello, ognuno ha i suoi paletti da saltare. Dipende solo a quale altezza si mettono.
Non posso negare che per me è stata un'emozione forte, l'ultimo numero che avevo attaccato ad una bici era stato nel 1998 alla Prato Abetone. Vent'anni. Un'emozione genuina, vissuta in maniera spensierata grazie ad un gruppo di amici che del concetto di aggregazione ne hanno fatto un dogma.
La giornata inizia subito a meraviglia perchè dopo la punzonatura l'inarrivabile Paolo mi domanda se l'indomani avessi lavorato. Gli rispondo di sì e lui mi consiglia di fare il corto, altrimenti sarei arrivato tardi in ufficio! Ho smesso di ridere dopo un quarto d'ora, anche perchè iniziava la salita e il
ridere diventava un ossimoro. Io spero che qualche ingegnere informatico inventi la App "Paolo with us" e quando ti girano i coglioni clicchi sulla app e parte la sua voce che ti prende per il culo. Meraviglioso!
Ho durato una fatica bestiale, scorrazzare un peso come il mio a spasso per quelle salite mi ricorda molto i pellegrini che arrivano alla religiosa meta sulle ginocchia e ti domandi: perchè? Ve lo dico sinceramente. Non lo so perchè, o meglio sono talmente tanti i perchè che faccio prima a rispondere che non lo so.
Però qualcuno lo voglio scrivere.
Perchè vedi Mauro che in tutto quello che fa è mosso da una passione talmente genuina e vera che sembra un bambino davanti al suo primo castello di sabbia.
Perchè vedi Gianni sempre con quel sorriso stampato sul viso che trova sempre la parola giusta al momento giusto, che conosce il tempo per arrivare e per ripartire.
Perchè vedi Ademaro (spero di aver ricordato il nome) che dall'alto dei suoi 80 e piu anni nel bel mezzo della salita si mette a raccontarti il suo passato da ciclista e tu speri che non faccia domande perchè non saresti in grado di rispondere.
Perchè vedi Dino salire con una disinvoltura che io non ho neanchè quando salgo i tre scalini dell'ufficio e non contento arriva in cima, torna indietro e se gli domandi dove sta andando ti risponde che tornava a vedere se andava tutto bene.
Perchè vedi tutte quelle ragazze, immerse nella loro personale bellezza, pedalare con una grazia infinita. E poi arriva la Leti. Ho visto quelle gambe correre, arrampicare, nuotare, camminare, saltare. Vederle frullare su quelle pedivelle mi mancava.
Perchè vedi Agile con la sua bici nuova fiammante che cerca di minimizzare ma i suoi occhi brillano di una contentezza contagiosa e pensi "bravo Agile, hai fatto proprio bene". 
E poi arrivi a 200 metri dall'arrivo, li vedi tutti fermi al semaforo e pensi che sia uno di quei rossi infernali che durano una vita. No. Ti accorgi che il semaforo non c'entra niente in quella sosta. Probabilmente lui ha già sfoggiato 4 o 5 sequenze di colori. Si sono fermati a prescindere. Si sono fermati ad aspettare di chiudere un cerchio che abbiamo iniziato a disegnare tutti insieme 4 ore prima.
Insieme siamo partiti, insieme arriviamo.
Metto via la bici, faccio una doccia veloce e esco. Ci sono Paolo e Silvio che il medio se lo sono bevuto. Hanno già mangiato e credo siano agli ultimi sbuffi della digestione. Ma quanto cazzo andate forte porca zozza? Mi becco la mia razione di prese per il culo e mi metto a sedere aspettando il momento di vedere le nostre donne alzare la coppa del 1° classificato.
Ho letto da qualche parte una frase che recita più o meno così: "Il giorno inizia e finisce comunque, senza il nostro consenso. Non siamo padroni del tempo, solo padroni di dargli un senso."
Grazie.

PS: il numero del titolo era il mio pettorale 




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