martedì 14 febbraio 2023

L'odore del pane

 

Cara zia, non sono molto bravo con le parole, mi riesce meglio far parlare gli occhi e a volte gli abbracci. Trovo che l'unica soluzione per mettere insieme tutto questo sia scrivere. E voglio scriverti cosa è stato per me lo zio Renato perchè a voce molto probabilmente non sono mai riuscito a dirtelo o a fartelo capire.

Ho camminato insieme a lui quando ero piccolo poi, crescendo, l'ho fatto sempre meno. Non posso farmene una colpa, ognuno prende le sue strade e quelli come me, orsi solitari, imboccano sentieri nascosti. Ma la strada che la vita mi ha permesso di fare insieme allo zio è stata una strada importante. Un cammino che segna e mette da parte. Quei passi non li vedi mentre li fai, li senti ma ti sembrano come tanti altri. E invece sono passi che dopo anni ti riportano in quei sentieri e ti fanno capire molte cose. Lo zio è stato per me uno di quei sentieri. Un porto sicuro dove sai che attraccandovi trovi saggezza. Da piccolo feci un disegno, che purtroppo non ho ritrovato ma del quale ho precisa memoria, nel quale un mio supereroe con un solo braccio stava costruendo una casa. E ricordo nitidamente che questo supereroe era più grande, molto più grande della casa che stava costruendo. Era l'immagine che, quel bambino, si era costruito del suo zio.
Ho il ricordo dello zio cacciatore, di quando a Montespertoli venivamo a mangiare il frutto della sua caccia. E non ho mai capito come diavolo facesse a prendere la mira, sparare e fare centro con un braccio solo! Ma erano particolari che davano peso a quel disegno, gli davano spessore e dignità.
Un pomeriggio, camminando lentamente lungo il muro che faceva da perimetro alla casa di Montespertoli tenne una lectio magistralis sull'evoluzione dell'uomo e tutte quelle parole erano perfettamente incastonate in quelle pietre alle quali, lui, aveva dato vita. Era riuscito a dare significato al tempo. Pietre che fino ad ieri erano "solo" pietre erano diventate cattedre universitarie, depositarie della fatica e del sudore. Tutto questo non è per niente scontato. Solo i supereroi riescono a vedere dove gli altri guardano.
Con il tempo ho dato valore anche a quelle interminabili pause che faceva quando ragionava su qualcosa. Ed è strano come il crescere dia peso a dettagli che prima sembravano un di più. Invece, anche stavolta, aveva ragione lui. Quelle pause a contorno del ragionamento non sono e non possono essere un peso, una noia. Danno il tempo di ascolto. E' una gentilezza, una mano tesa all'interlocutore pregandolo di entrare con lui in quel ragionamento. Qualcuno ha detto che bisognerebbe nascere grandi per apprezzare il tutto. Io non sono daccordo perchè mi sembra bellissimo, oggi, che l'ho salutato per l'ultima volta rendermi conto di quanto abbia dato senza che me ne rendessi conto.
E a te, cara zia, a te riserbo il mio bacio piu grande. Le parole che ti ho sentito dire, piangendo, sono state quanto di piu tenero, dolce e incommensurabile si possa volere ascoltare. Quel "Amore Mio" sussurrato ha fatto capire quanta bellezza e quanta giustezza avete condiviso con chi vi è stato vicino in tutti questi anni. Stamani mattina, da dietro una pianta di ulivo, guardavo i tuoi nipoti e mi è venuto da sorridere.
Siete anche questo. Siete come l'odore del pane.

Ciao Zio, non so adesso dove tu possa essere ma ovunque sia spero che tu ricontruisca quel meraviglioso muro.

venerdì 20 gennaio 2023

A riveder le stelle

 

Gennaio 2023 - Ne è passato di tempo dall'ultimo pensiero che ho messo su questo blog. In mezzo c'è stata una pandemia che ci ha devastati, cambiati e portati a vedere le cose in maniera diversa.
Due anni che hanno deviato il corso di alcune cose nella vita di tutti noi, e la mia non ne ha fatto difetto.
Il panno verde, le miniature, il lucido, il mondo del Subbuteo mi sono stati a fianco da quel lontano Natale del 1976 ma quest'anno, per la prima volta, qualcosa si era incrinato. Sopito l'entusiasmo se ne era andata quella tensione che, da sempre, ha caratterizzato la settimana prima di un torneo importante. 

Ai campionati italiani ci sono andato, ma sarei potuto essere a GardaLand e le sensazioni sarebbero state le stesse. Sono seguite settimane di riflessioni perchè così no, non andava bene. Non fosse altro per il rispetto che porto ad un mondo che mi ha visto crescere fino a diventare quello che oggi sono. Fortunatamente la vita mi ha regalato un amico, un vero amico: Marco è stata la spalla sulla quale ho potuto riversare tutte le mie perplessità e, anche grazie a lui, ho fatto scelte ponderate senza voli pindarici che mi avrebbero portato a chiudere, definitivamente, la valigetta nell'armadio.
Mi sono guardato intorno. Avevo un bisogno urgente di aria nuova, di energia che ridesse vita a quell'entusiasmo perduto. Sinceramente non ci ho messo molto a decidere cosa fare. In un angolino della mia mente c'è sempre stata la frase "se mai un giorno dovessi andare via da Firenze andrei a..." ed è così che ho preso il coraggio a quattro mani ed ho scritto un messaggio. 

La parola coraggio non ha niente di esagerato perchè ci vuole coraggio ogni volta che si decide di cambiare qualcosa nella vita, qualcosa che hai costruito nel tempo e che è diventata un tuo porto sicuro. Si, per cambiarla ci vuole coraggio perchè devi essere pronto all'errore, alla non accettazione, alla ripartenza. Ma forse è anche questo il bello della vita. Quel messaggio ha attraversato il mar Tirreno, probabilmente imbarcandosi a Livorno, sbarcando ad Olbia e dirigendosi verso Sassari. Si, perchè dopo "andrei a....", nel mio cervello, ha sempre fatto seguito: "Sassari".
Avevo sempre guardato quel gruppetto di giocatori dall'accento strano come un'anomalia, una piacevole anomalia, come la viola che trova la forza di sbucare fuori in un campo innevato. Compatti, uniti, giocatori bravi fortificati da quella passione che li portava ad enormi sacrifici pur di far scivolare le miniature sui campi di tutta Italia. Le risate contagiose me li facevano vedere come il proseguimento di quello che in tanti anni di lavoro avevamo creato in riva all'Arno. Un gruppo di amici che non ha bisogno di cercare altrove per esaltare la propia vocazione calcio tavolistica, che non ha bisogno del campione per trovare la soddisfazione che ti dà una vittoria. Molto meglio un secondo posto, ma tutto nostro!
Per tutto questo ero pronto alla "non accettazione". Che cazzo vuole 'sto giocatorucolo da serie C che ha addirittura la presupponenza di proporsi? Conoscendoli non mi avrebbero mai risposto in questi termini ma il succo del discorso poteva tranquillamente essere questo. Pensai che mi avrebbero liquidato con parole eleganti, magari ringraziandomi anche.
E invece. E invece avevo ragione. Ci avevo visto giusto.
Ho conosciuto persone meravigliose, dagli occhi sinceri. Persone che mi hanno aperto le porte senza domandare, per il solo piacere di accogliere. Persone che hanno dedicato il loro tempo per prepararla quest'accoglienza, e già questo è per me tesoro inestimabile. Quella pizza, mangiata in quel meraviglioso garage che gronda passione subbuteistica in ogni suo centimetro quadrato, è stata un viaggio a ritroso nel tempo lungo 40 anni quando i nostri garages erano spettatori silenziosi di partite epiche.
Sono tornato nel "continente" portandomi dentro tutte le vostre facce, cari fratelli. La strabordante simpatia di Mimmo, che ancora non riesco a capire quando prende per il culo e quando è serio; la faccia sincera di Fabrizio (Lay) che ha stampato negli occhi quanto una persona possa essere buona e limpida; quella del Presidente, burbero, silenzioso ma perfetto compagno in questo gruppo di amici. E poi Salvatore, il gigante buono, che mi ha commosso quando raccontando di suo babbo ci ha accolto nel suo spazio. Ho durato una gran fatica a non piangere e questo è tanta roba. Raffaele che per un'intera giornata ho chiamato Luca e me ne sono accorto solo al terzo bicchiere di cannonao la sera a cena. Glauco che io conoscevo solo per la sua maestria nel creare quei piccoli capolavori e che invece si è dimostrato anche molto, ma molto altro e le parole che mi ha mandato sono state l'ennesima conferma di quanto fortuna abbia avuto a scrivere quel benedetto messaggio. L'abbraccio di Simone, mai visto e conosciuto prima, è stato incredibile perchè mi ha dato la portanza di quanto questi ragazzi siano il porto sicuro al quale attraccare.
E poi la ciliegina sulla torta è stato condividere tutto questo insieme a Lollo e alla sua dolce Angelica. Con Lorenzo ci unisce da sempre, oltre alla passione subbuteistica, la fede "Hammers" che solo chi conosce la storia del West Ham può capire perchè l'appartenenza sia così dirompente. Conoscerti finalmente anche fuori dal contesto di gioco è stata davvero una piacevole scoperta.
Che dirvi. Promesse non ne ho, certezze meno che mai. Di una cosa sola mi faccio garante. Fino a che indosserò questa maglia, questi colori, non ci sarà una stilla del mio sudore che rimarrà nel mio corpo. E fosse anche solo stare intorno ai campi ad incitarvi lo farò come fossi uno di voi da sempre.
Questa si è una promessa.
Grazie



giovedì 26 novembre 2020

Resilienza

 

Novembre 2020 - Siamo sempre stati distanti per una serie infinita di motivi. La differenza di età ci ha sempre messo su due piani diversi, difficilmente incrociabili. Quando questa distanza anagrafica è stata limata dal passare del tempo avevamo tracciato oramai percorsi lontani. Lontani, non si allontanavano ma neanchè tendevano alla vicinanza. Uno spazio grande solo in termini fisici perchè in realtà ti ho sempre sentita parte di me. La vita ci ha messo davanti sfide difficili, complicate, faticose. Ma ci ha restituito anche gioie immense. Quei quattro pargoli che giorno dopo giorno abbiamo visto crescere è una di queste. Forse la più grande. 
Le mie sfide sono state incommensurabilmente più semplici. No, forse semplici non è il termine giusto. Sono state altro. Ho avuto la possibilità di usare strumenti per affrontarle, potendo decidere di usarli o meno, come e quando volevo.
Tu no. Le tue sfide non hanno dato possibilità di scelta. Quelle erano. Poche e dovevano essere usate nel migliore dei modi. A qualunque costo. 
Io ho sempre avuto una rosa di giocatori importanti e questo mi ha dato modo di giocarmi la partita avendo tra le mani diverse soluzioni. Se sbagliavo era stata colpa mia, delle mie scelte. Quando ho sbagliato, l'ho fatto perchè non ho messo in campo il modulo migliore.
Tu hai dovuto affrontare un campionato con 11 giocatori. Contati. Non avevi panchina. Quindi senza scelta. Hai dovuto, ogni maledetta domenica, fare con quello che avevi e per non perdere sei stata costretta a cambiare.
Il quel cambiamento si annidava il pericolo più grande. Potevi incrociare le braccia, fare spallucce ad un destino che non ti ha dato strumenti. Potevi metterti a sedere in panchina e guardarti la partita, passivamente, da spettatrice. A chi ti avesse accusata di aver perso la partita potevi rispondere che non avevi altra scelta. Quelli erano i giocatori, quelli hai usato.
E invece no, non lo hai mai fatto.
Hai sempre saputo, nitidamente, che se fosse passato questo messaggio i tuoi giocatori avrebbero perso. Hai deciso di non seguire la partita da seduta.
In piedi, ogni domenica, che ci fosse il sole, il freddo o l'acqua sei rimasta in piedi. Con il sorriso sulle labbra infondendo ai tuoi 11 leoni in campo la consapevolezza che solo sorridendo potevano vincere la partita.
Potevate vincerla. E domenica dopo domenica, hai inanellato vittorie scalando la classifica e dimostrando al mondo che solo in questo modo si fa buon calcio, quello fatto di allenamenti duri, maniche tirate sù e forza. Si fa buona vita.
Vincerai il campionato e lo farai non perchè sei la più brava.
Lo vincerai perchè alla fine la legge del caos fa sempre tornare i conti.
Ogni particella, nel suo vagare impazzito, va al posto giusto nel momento giusto.

giovedì 27 agosto 2020

Il topo

 Estate 2020  

E' stata una vacanza bella. Spensierata. Questo aggettivo ha per me un valore immenso. Quando la spensieratezza credi di averla persa, ritrovarla è una rinascita. Ti consente di apprezzare il piccolo, il gesto fine a se stesso e la vastità del mare. Quel silenzio assoluto rotto solo dal vento e dalle onde.
E' stata una bella vacanza perchè vissuta come lo spazio che divide un respiro dall'altro. Quell'attimo che trova vita grazie al respiro precedente e che apparecchia per il prossimo. Preziosa, ricordo da custodire gelosamente ma che non dovrà servire da confronto. Ognuna sarà una storia.
E' stata una bella vacanza perchè ho avuto modo di apprezzare ancora una volta il senso dell'amicizia. Il valore del riconoscersi e dello stare insieme anche senza dirsi una parola. La bellezza di guardarsi intorno e vedersi circondato da persone che sai far parte del tuo cammino.
Guardavo e vedevo Daniele e Lucia incontrati purtroppo dopo un cammino lungo quasi mezzo secolo. Quando li sento parlare del passato non nascondo un briciolo di dispiacere nel non aver incrociato le loro strade prima. Poi arriva il sorriso che ti fa apprezzare il momento, adesso, e la fortuna comunque di averli incontrati. Non so spiegare bene cosa mi lega a loro e forse non ho neanchè mai avuto la voglia di rispondermi. Qualcuno parla di energie, di karma ... io credo, dal profondo del mio ateo laicismo, che ci siamo guardati ed è andata così. Meno male.
E' stata una bella vacanza perchè ha avuto il potere di trasformare una conoscenza in amicizia. Paolo e Patrizia , anzi Pippa perchè è così che mi viene naturale, erano conoscenze. Di loro sapevo quel poco che mi era arrivato dai racconti. Ma erano parole, difficili da mettere insieme, da modellare sino a fargli prendere la forma di persona. Ho avuto il piacere di condividere insieme a loro spazi, rumori, silenzi e risate. Il privilegio di condividere piccoli ritagli di intimo, di vita privata che fanno accoglienza. Il gergo comune porterebbe a scrivere "due belle persone". Per me vanno oltre perchè quando l'accoglienza diventa abbraccio è tutto elevato all'ennesima potenza.
A tutti e quattro, grazie! Per quello che siete, per come ci avete coccolati, per come mi avete fatto ridere e riflettere. Per la comunanza che mai vi siete risparmiati di condividere insieme a noi.
E' stata una bella vacanza ....... peccato solo per il topo!

martedì 15 ottobre 2019

Prospettiva

13 ottobre 2019 - 15^ pedalata per il Meyer -
Credo che sia tutto una questione di prospettiva. Basta fare qualche passo a destra e il mondo cambia. Stessa cosa se ti sposti verso sinistra. Quel ciliegio che prima era in ombra adesso è illuminato dalla luce del sole. Alla fine diventa tutto una scelta personale. Una tua decisione. Il ciliegio non si sposta, non ha la possibilità di decidere da che parte essere illuminato e da quale rimanere in ombra. Ma tu sì. Tu hai questa possibilità, hai la facoltà di decidere la tua prospettiva sul mondo.
La mia prospettiva quest'anno è cambiata. Ad ottobre dell'anno scorso decisi di essere parte integrante del serpentone colorato che fece, per chilometri e chilometri, della fatica un messaggio di speranza. Un invito al sorriso e una rivoluzione ostinata contro un destino crudele, perchè minare la speranza ai bambini è destino credule.
Quest'anno, appunto, la mia prospettiva è stata altro. Vi ho guardato partire sapendo che avreste portato in giro la stessa potenza emotiva di sempre e ho avuto un punto di vista privilegiato perchè, a quel meraviglioso tavolo, ho potuto ascoltare parole bellissime, ho potuto vedere gente che arrivava solo per dare un contributo ma che con la bici non c'entrava niente.
Ho visto bambini dare 10 euro con occhi meravigliosi e senza dire neanche una parola perchè di parole non ce n'era davvero bisogno. Loro lo sanno, quando si tratta di genuinità sanno sempre tutto. Ho visto una marea di maglie con la scritta Campi e ognuna di esse era una goccia che andava ad ingrossare un mare meraviglioso. Un mare fatto di tante altre scritte, colori, espressioni, rughe, occhi concentrati o sorridenti. Una marea buona.
Ho visto una comunità che da giorni lavorava mossa da un'unica volontà, da una solida certezza. La consapevolezza che quel tempo era un buon tempo.
Ho cambiato la mia prospettiva ed è stato un arricchimento.
Mi è mancato pedalare insieme a voi? Si, mi è mancato ma vedervi arrivare ha compensato ogni mancanza emotiva. Ogni bicicletta appoggiata al muro dopo la fatica fatta  rappresentava, nel mio immaginario, una matita colorata. Tutte quelle bici, alla fine, hanno creato un mondo di colori e sfumature da portare a quei bambini che devono avere la possibilità di colorarlo questo mondo. Lo devono colorare come vogliono, quando vogliono ma soprattutto essere liberi di farlo sempre.
Credo che sia tutto una questione di prospettiva.
Grazie.


domenica 14 luglio 2019

Da Campi a Cecina e tanto altro

Che sia il tempo? O forse la velocità visto che la distanza gioca il ruolo del terzo incomodo. In termini fisici la velocità è la derivata della posizione rispetto al tempo e da qui non si scappa. Questi tre fattori sono legati tra loro da un legame inscindibile e noi non possiamo cambiarne i pesi. Ci dobbiamo adattare. Se non hai tempo, corri. Se hai tempo e sei furbo vai piano. E guardi. Respiri. Annusi.
Da un punto di vista filosofico sul concetto di tempo sono stati scritti fiumi di parole ed espressi concetti che spaziano dal bianco al nero attraverso molteplici sfumature di grigio. Oggi, tutto quello che ci circonda ricorda il tempo che passa, scandisce la velocità del fare e del non fare. Anche le distanze non sono piu quelle di una volta. La "moderna velocità" le ha ridotte e con loro il tempo ha preso una connotazione sempre più quantitativa a dispetto della qualità.
Il "buon tempo"! Che bellezza quando hai la possibilità di viverlo.
Ieri è stato uno di questi tempi buoni. Giornate come quelle sono coriandoli di vita che, se messi in relazione al tutto che ci circonda, sono infinitesimali ma hanno il dono di colorare momenti che, altrimenti, sarebbero anonimi. 
Mi ritengo un uomo fortunato per tantissimi motivi. Uno di questi è il fatto di poter essere qui davanti ad un pc, con un sigaro acceso e l'acqua fresca in frigorifero. Non è sempre così tutto scontato. Anche la fortuna è una questione matematica dove la velocità e il tempo diventano secondari ma la distanza fa tutta la differenza di questo mondo. Fossi nato 4000 Km più a sud starei raccontando altre storie, altri tempi e, forse, non avrei l'acqua fresca in frigo.
Il coriandolo di ieri avevo provato a guardarlo un anno fa ma, per rimanere in tema, non era ancora il mio tempo: acerbo, ancora straniero in terra accogliente e senza la giusta preparazione fisica e mentale. Avessi provato a farlo un anno fa non avrei potuto mettere a frutto tutto quello che ho scritto sopra perchè il concetto di tempo sarebbe stato l'ultimo pensiero al quale si sarebbe aggrappato il mio cervello.
Ho avuto un anno di tempo per fare dei miei muscoli una macchina che almeno riesce a mettersi in moto e viaggiare a velocità ridotta senza fondere il motore. Ed è già qualcosa. Ma soprattutto ho avuto un anno di tempo per dare un nome alle facce che vedevo pedalare insieme a me e una faccia ai nomi che continuavo a leggere sulla chat del gruppo. Non è un dettaglio da poco. Aggrega. Include. Non sei più solo. 
La Campi-Mare è una cosa importante. L'ho capito guardando gli occhi di Mauro quando la descriveva, dalle parole di chi oramai ne è un veterano. Credo che questa importanza sia insita nel senso stesso del fare questo giro, perchè non c'è un traguardo, un tempo da battere, non c'è proprio un tempo! E' importante perchè la sublimazione di una fatica si concretizza in una frittura di pesce, in uno spogliatoio di un campo di rugby, in un vinello bianco ghiacciato. E' importante perchè tenere premuto il rubinetto di una fontanella per riempire la borraccia del compagno è un gesto che ti riempie il cuore e gli occhi.
La Campi-Mare è una cosa importante perchè crea un tutt'uno invincibile, di fronte al quale anche una scorbutica controllora delle Ferrovie di Stato inviperita da 28 biciclette stivate nel "suo" treno alla fine si scioglie in un sorriso e ti saluta fischiando come una forsennata alla stazione di Lastra a Signa. 
Non ce la possono fare, siamo troppo forti!
Si, obiettivamente sono un uomo fortunato.


lunedì 10 giugno 2019

Gran Fondo Colli del Chianti

Firenze, 9 giugno 2019 - Difficile non cadere nella retorica o nella banalità più spicciola quando si parla del Campi04. Difficile, perché descrivere le emozioni che si provano a far parte di una grande famiglia come questa non è banale. È un minimo comune multiplo che tutte le volte ti stupisce e nella sua eterogeneità ti unisce, ti accomuna. 
Ieri, alla Gran Fondo dei Colli del Chianti organizzata dagli amici delle Cascine del Riccio con in testa il mitico Dino, eravamo 85! Ottantacinque! Numeri che non solo fanno capire la grandezza di un club come il nostro ma danno l'idea di comunanza, sono la sommatoria di tante piccole passioni che si fanno forza nell'insieme. 
Per me è stata dura. Portare a spasso per le colline del Chianti questo corpo affidandosi alle sole gambe è dura. La mia corporatura è inversamente proporzionale al concetto di ciclista. Parole come esile, magro, asciutto, scalatore sono per me ossimori se confrontati alla massa che faccio sopportare alla mia bici. Fortunatamente esiste anche la testa. Determinazione, perseveranza, chiamatela come volete è comunque quel qualcosa che ti fa fare cose un millimetro al di sopra delle tue reali capacità. E questo basta per arrivare a sera e, disteso sul divano, pensare che è stata un'altra giornata meravigliosa. 
Non posso raccontare le imprese dei miei compagni perché ieri, dopo 100 metri, la strada era già in salita e le ruote di chi vestiva la mia maglia le ho perse subito. Ho il mio angelo custode, che mi tengo ben stretta almeno per adesso, perché anche lei quando avrà qualche chilometro in più sulle gambe mi staccherà, inesorabilmente, ma sarà comunque bello vederla allungare il passo e diventare sempre più piccola. Però posso dire che quando arrivi alla fine e li vedi tutti seduti al ristoro, con qualcuno di loro che ha anche già digerito, non cambieresti quel momento con niente al mondo. È la chiusura di un anello fatto di fatica e sudore, è l'abbraccio della squadra al compagno che ha appena sbagliato un calcio di rigore, è la tazza di thè caldo data a chi non ce l'ha fatta ad arrivare sulla vetta per pochi metri. 
Ti siedi in mezzo a tutta questa roba, tanta ma tanta roba davvero, e magari vorresti mangiare qualcosa anche te ma non c'è niente da fare. La fatica ha ridotto lo stomaco ad una cannuccia che a malapena riesce a mandar giù una decina di penne al pomodoro. La fame diventa un optional. E allora ti metti ad ascoltare i racconti, le sensazioni di chi, anticipandoti, ha percorso le tue stesse strade. Mi sembrano tutti dei giganti, freschi come rose appena sbocciate, come se fossero andati a prendere il giornale nella piazza del paese in bicicletta. Io invece continuo a sudare come se fossi dentro ad un bagno turco e devo impegnarmi anche solo per stare a sedere. 
Rimaniamo tutti insieme prima per goderci la premiazione per la meritata vittoria (ottantacinque partecipanti non li batti facilmente) e poi ad aspettare l'arrivo degli Eroi del lungo. 130 chilometri con più di 2000 metri di dislivello in una giornata torrida, nella quale anche le lucertole ad una certa ora si sono rintanate all'ombra. Arrivano alla spicciolata e per me sono Dei dell'Olimpo. Invincibili personaggi di fantasia che in realtà non esistono, perché non esistono vero? Qualcuno mi dica che ho ragione, per favore! Bravi, bravi davvero, ieri fare il lungo non era banale e valutando condizioni meteo e altimetria più difficile della famigerata 9 Colli. 
Un ultimo pensiero va alla persona che, insieme a Mauro, mi ha aperto le porte del club e mi ha fatto accomodare in questo bellissimo salotto. Ieri caro Gianni molte delle mie faticose e lente pedalate te lo ho dedicate pensando a quanto avresti voluto essere lì a dispensare parole di incoraggiamento che sono come l'acqua nel deserto. Ma pensavo anche a quanto sarà bello il momento in cui tornerai a farlo, più forte di prima, e sempre con lo stesso sorriso. 
Grazie a tutti.